P roseguendo sulla scia degli horror sulla privazione dei sensi, di recente ripreso da A Quiet Place , BirdBox - tratto dal romanzo di Josh Malerman - concilia piccole pretese e mero intrattenimento ridimensionato al piccolo schermo (quello via Netflix). La Bier ci mette giusto il mestiere e opera con approssimazione: quanta sveltezza nel prologo, quanta inconsistenza di sguardo sui personaggi di contorno! Come con la goffa Paulson, nei disastrosi minuti iniziali, o il poco aderente Malkovich, che nella parte proprio non riesce a entrare. Fatta eccezione di un finale votato a un rassicurante sentimento quasi ecumenico - che non è comunque così male come dicono - l’etica del racconto è poi di ambiguo orientamento: i pazzi, che di fatto non sono quelli “pirandelliani”, sono davvero cattivi e la loro esenzione dalla realtà più accreditata va a discapito di tutti gli altri; la loro ricerca della verità, quella che alcuni “dotti” del pensiero avvaloravano come libertà, pura e auten
C he curioso lavoro At Eternity’s Gate! Schnabel - che è anche pittore - non solo rifugge la maniera e il calligrafico rievocativo, consuetudine e vezzo del bio-pic “in costume”, ma la sua tecnica è anche sporca, sostiene il peso della camera a spalla, (ri-)utilizza semplici trucchi (un filtro, un vetro) per restituire una qualche alterazione percettiva e clinica della retina (maculopatia?). C'è poi il gusto autoriale, quello che demarca il perimetro del "metodo", superandolo, e permette quindi l'accesso a una forma peculiare, a un linguaggio "eletto", qui di pura ispirazione e di potente fremito. Ecco allora soggettive, piani ravvicinati (e ravvicinatissimi), con cui si rinnova quell’auspicio di simbiosi tra obiettivo e attore, che tanto piaceva al Kammerspiel: si rintracciano, con curiosità e - scontato da dire - sensibilità quasi pittorica, quelle minime linee d’ombra sui volti, che si trascinano dietro una potente capacità drammaturgica, complem